Guida essenziale ai vini della Valpolicella
Informazioni tratte dal portale del Consorzio Tutela Vini Valpolicella
I principali vitigni
I vigneti della Valpolicella rappresentano un vero e proprio scrigno di biodiversità ampelografiche, specialmente per quanto riguarda le uve rosse. Per molti anni, la produzione vitivinicola si è concentrata prevalentemente su poche varietà di queste uve, scegliendo e coltivando soprattutto i cloni più generosi. Tuttavia, da qualche tempo, l’interesse sia scientifico che dei produttori si è rivolto nuovamente a certe uve definite “dimenticate”.
Corvina
Nel panorama dei vitigni della Valpolicella, la Corvina è senza dubbio la più importante. È particolarmente apprezzata per il suo ricco corredo di sostanze coloranti, per la sua concentrazione e per la sua notevole capacità di adattarsi al processo di appassimento, donando ai vini della Valpolicella un’inconfondibile nota di ciliegia.
Corvinone
Il Corvinone, a lungo considerato una semplice varietà di Corvina, è in realtà un vitigno a sé stante. Nelle annate migliori, specialmente i Corvinoni di collina, riesce a rivelare caratteristiche organolettiche che superano persino quelle della Corvina. Quest’uva, infatti, resiste bene al freddo ed è ideale per l’appassimento, sebbene sia leggermente sensibile agli attacchi di muffa grigia (Botrytis).
Rondinella
La Rondinella si dimostra più resistente a condizioni climatiche avverse. Il vino che ne deriva è meno strutturato rispetto a quello ottenuto dalla sola Corvina, ma si distingue per i suoi bei profumi floreali e una discreta eleganza.
Molinara
Ciò che un tempo conferiva serbevolezza ai vini della Valpolicella è la Molinara, chiamata così per l’abbondante pruina che ricopre i suoi acini, facendoli apparire come spolverati di farina. Come vitigno, cresce bene su terreni asciutti di media collina, soleggiati e ventilati, offrendo una buona resistenza agli attacchi di muffa grigia e marciume acido, oltre a una produzione costante. Vinificata in purezza, produce un magnifico vino rosato, con una bella acidità e profumi, ideale da bere fresco nelle ore più calde dell’estate.
Le Uve Dimenticate
Come menzionato in precedenza, tra le uve tornate in voga troviamo l’Oseleta. Anche questo è un vitigno autoctono, da cui si ricava un vino tannico e fresco, con profumi ampi e fruttati. Le sue rese basse e i grappoli piuttosto piccoli avevano indotto i viticoltori a trascurare quest’uva negli anni in cui il mercato chiedeva al vino più quantità che qualità. Ora che la situazione si è invertita, sulle tavole cominciano ad apparire anche vini da Oseleta in purezza.
Altri vitigni della Valpolicella, presenti soprattutto in uvaggio con le varietà principali, sono la Rossignola, la Negrara e la Dindarella (e la sua sottovarietà Pelara)





La Tradizione Vinicola
La Valpolicella non è solo una regione geografica incastonata nel cuore del Veneto, ma un nome che risuona con secoli di storia, cultura e, soprattutto, di grande vino. Questo angolo di terra, caratterizzato da dolci colline e una ricca biodiversità, ha da sempre espresso la sua identità più profonda attraverso i suoi prodotti vitivinicoli. Se oggi l’Amarone domina la scena internazionale, portando i sapori della Valpolicella sui palati di tutto il mondo, è fondamentale ricordare che la vocazione vinicola di quest’area affonda le sue radici in tempi ben più remoti.
I vini della Valpolicella erano già celebrati nell’antichità, e con essi una pratica che ancora oggi li rende unici: l’appassimento. Un’arte millenaria, tramandata di generazione in generazione, che consiste nel far riposare le uve dopo la vendemmia per concentrarne zuccheri, aromi e complessità. Già nel II secolo a.C., il termine “Retico” evocava un vino legato a questo territorio e alla particolare tecnica delle uve appassite, a dimostrazione di quanto profondamente radicata sia questa tradizione.
Ma l’appassimento non è solo una tecnica; è una filosofia. Le ipotesi sulle sue origini sono molteplici: alcuni studiosi suggeriscono un legame con l’antica viticoltura etrusca, caratterizzata da viti alte come l’attuale pergola veronese, una scelta strategica per proteggere i grappoli dall’umidità del suolo e dalle intemperie, garantendo al contempo una maggiore resa del terreno. Qualunque sia la sua genesi, l’appassimento è diventato il filo conduttore che unisce le diverse espressioni del vino valpolicellese.
Prima che l’Amarone assumesse il suo ruolo di protagonista, il Recioto, un vino dolce e vellutato, era il fiore all’occhiello della produzione locale. Ottenuto dagli acini più dolci delle uve autoctone come Corvina, Rondinella e Corvinone, il Recioto è il simbolo di una tradizione che ha saputo evolvere, pur mantenendo saldi i suoi pilastri.
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Direzione Progetto: Consorzio Pro Loco Valpolicella. Sviluppo progetto: Claudia Checchetto, Servizio Civile Nazionale 2024/2025 con la supervisione di Giorgio Zamboni.